Gentile professoressa,
Heidegger ha la mia stessa mentalità: guardiamo entrambi alla pratica.
Su questo Heidegger ha una intuizione formidabile:
- la conoscenza ha perso di vista l’essere
- veniamo “gettati” in un mondo che non conosciamo
- non ci sono confini definiti col mondo
- non possiamo essere pensati come extra-mondani
quindi
- quando conosciamo qualcosa abbiamo una situazione precedente (Dasein) che ce lo fa inevitabilmente interpretare
- ciò che indirizza il conoscere sono i bisogni che abbiamo.
Intuizione formidabile quella di Heidegger, e condivisibile in ogni mia esperienza.
Il problema nasce “a monte” perché Heidegger non ammette la compresenza di interpretazione e realtà oggettiva.
L’errore compiuto è non considerare che “sono vivo” è conoscenza oggettiva che viene prima di qualsiasi altra interpretazione e quindi “la vita esiste” , e quindi l’organismo esiste: tutte conoscenze oggettive che si rivelano al soggetto nella loro evidenza fin dal primo istante.
Se lo avesse tenuto presente, nel Dasein avrebbe messo necessariamente l’organismo ( l’ente che per definizione ha il privilegio di godere della vita), necessariamente universale perché tutti nasciamo dalla vita, perché tutti cadiamo vivi nell’umanità viva a sua volta. Questo “nuovo Dasein” non è scevro da “regole ontologiche” perché contenuto e contenente una realtà oggettiva viva. Più esattamente è una sapienza di vita che si coglie immediatamente nella sua totalità e poi va ripensata (espicitata) criticamente in modo frazionato.
So professoressa che lei è molto più avanti di me nello studio teologico, e sicuramente avrà notato la “coincidenza” tra Logos-sapienza-della-Vita come lo spiega Giovanni[1] e questo logos sapienza della vita presente necessariamente nel Dasein assieme al resto.
Se H. avesse riconosciuto questa caratteristica si sarebbe evitato la critica rivoltagli di escludere Dio dal reale (e gli altri esseri che non siano l’uomo), e quindi Dio dalla metafisica e forse avrebbe riportato la metafisica al suo oggetto formale: la totalità dell’essere.
… forse. Perché ciò che mancava alla metafisica del tempo di è appunto il faciendum ( o ente dinamico) che fonda la metafisica dell’organismo allora del tutto sconosciuta .
Il faciendum, o ente dinamico, riguarda proprio la Realtà Storica[2] (lo chiamiamo “nuovo Dasein”?) colta “realtà complessa animata da un proprio principio vitale …. che si auto-costruisce in modo coerente ed univoco nello spazio e nel tempo”. All’interno di questa umanità “cade” il soggetto. Per la caratteristica della R.S. di auto costruirsi ciò che ci si mostra di essa è una essenza reale sempre variata e quindi essa pretende dal soggetto una adaequatio intellectus et rei dinamica. Come la figura pretende di mostrare si tratta
- della percezione del dover-essere “casa”: nel caso della Realtà Storica della sapienza della vita.
- accompagnata di un continuo adattamento “ dinamico fenomenico” della percezione alla realtà della “cosa che muta in modo coerente ed univoco nella sua essenza reale”. Ovviamente questa è solo una via per intuire la possibilità del dinamismo.
Grazie della sua gentilezza, pazienza ed attenzione
Figura 1:essenza concettuale ciò che conosco in quanto soggetto, essenza archetipa dover essere, essenza reale ciò che è.
Sono naturalmente disponibile, anzi felice, della sua proposta di incontrarci al di fuori dell’esame per parlare di questo “strano” ente così importante per la Chiesa e aspetto di fissare la data a lei più congeniale. Sperando che non sia troppo il là,
in Xto
Roberto Roggero
roberto@dntt.it
PS: La differenza tra oggettivo e soggettivo.
- Dio mi ama! Dio ci ama! (Tommaso Demaria, Ratzinger)
- Ci siamo accordati nel pensare che Dio ci ami. (Heiddegher)
- Altro è rilevare che l’amore è una necessità ontologica che è nata viva con me,
il rispetto la caratteristica ontologica della dialettica dell’amore,
la vita una realtà che mi precede, che conosco
e nella quale SONO
- Altro è sostenere che l’amore è un’interpretazione da concordare con altri,
il rispetto una necessità dettata dalla nostra ignoranza invincibile,
e la vita una delle componenti che posso parzialmente conoscere
dall’incerto dasein
Guai a fare carte false per appoggiare in modo dogmatico l’una o l’altra tesi ( Caritas in Veritate Benedetto XVI)
ma credo che questa macroscopica differenza costringa il cristiano-teologo ad indagare anche sul faciendum/ente dinamico per verificarne l’autenticità.
[1] Gv1 e seg; 1Gv1 e seg
[2] «Ma per stare nel contesto della nostra metafisica della realtà storica, facciamo un solo esempio in merito a quanto è appena stato detto. Può esser quello della definizione di organismo da noi data, che qui riportiamo: l’organismo è una realtà complessa, animata da un suo principio vitale, e perciò capace di vivere e agire a titolo proprio. Quale dato di esperienza più intuitivo e meno ermetico di questo?… Eppure da esso, letto in chiave metafisica, e su di esso, possiam dire che sia sgorgata e si poggi l’intera metafisica realistico-dinamica della realtà storica. La sua stessa conclusione «dinontorganica » non avrebbe senso, fuori della suddetta intuizione elementare e senza la validità della medesima.» Tommaso Demaria,3 LA REALTA’ STORICA COME SUPERORGANISMO DINAMICO,Costruire Bologna 1975[,VIl Metafisica dinontorganica e funzione della filosof, § 2 – Metafisica dinamica sintetica e concreta p. 250].