1- La parola.e
2- I sensi. |
1- La parola.
Parlare di ideologia cristiana, significa innanzitutto compromettersi con la parola «ideologia», e dunque coi sensi di essa. Quale senso ha questa parola? Quale senso le diamo? Quale senso le compete, nello specifico contesto di una «ideologia cristiana»?
Non soltanto non intendiamo eludere queste domande, ma ce le poniamo di proposito, per onestà e chiarezza, e anche per necessità. Si tratta di intenderci su un dato tema. E se l’intesa a suo riguardo non è ovvia, è ovvio che bisogna precisarla.
È il caso, senza dubbio, dell’ideologia. Non soltanto è una parola poco simpatica, compromessa e compromettente. Ma è anche una parola ambigua, a senso multiplo, cangiante, talora carico di passione, di sentimenti e risentimenti, nonostante l’apparente astrattismo e la cerebralità del termine.
Non è quindi facile intendersi sull’ideologia, nemmeno come parola. Per questo insieme di cose, sembrerebbe giustificato il suo abbandono e la sua condanna.
Ma è un espediente inutile, e in definitiva controproducente. Gli addebiti che si fanno alla parola, in realtà spettano alla cosa, o più esattamente alle cose da essa significate o richiamate. E queste rimangono, coi loro grossi e impellenti problemi.
Le parole, compresa la parola «ideologia», sono destinate innanzitutto ad esprimere un’idea. Questa è la loro funzione primordiale e primaria. Ma il guaio si è che, troppo spesso, una sola parola esprime un mondo d’idee, pur prescindendo dalle sfumature personali di chi le adopera.
2- I sensi.
Proprio per questo, un feticista della chiarezza puramente verbale potrebbe avanzare l’ipotesi di una chiarificazione universale del pensiero e del linguaggio, in base a questo principio: ad ogni idea, una parola: e ad ogni parola, un’idea. Con la conseguente necessità di inventare una parola nuova per ogni idea nuova, e di abbandonare una parola vecchia, quando muore o si abbandona o si rifiuta l’idea vecchia.
Tale proposta, che per una semplicistica filosofia del linguaggio potrebbe apparire la soluzione migliore, in realtà è la morte della parola e del pensiero, portando con sé la morte della cultura e della storia.
Nessun linguaggio può sostenere, strutturalmente e funzionalmente, un numero illimitato di vocaboli. E nessun pensatore può pensare del nuovo, senza usare parole vecchie e dar significati nuovi a parole vecchie. Questa, per il linguaggio, è ad un tempo una sana e realistica filosofia e fisiologia. Gli abusi, che possono sfociare nella patologia, vanno contenuti e corretti. Ma la malattia non si guarisce uccidendo la vita.
È dunque un fatto normale che anche la parola «ideologia» soggiaccia alle vicende del linguaggio umano e porti con sé dei sensi diversi. Segno che è una parola viva e che non è destinata a morire, perché ha avuto e continua ad avere la capacità di assumere sensi nuovi e inediti: forse anche, tra i molti, quello di «ideologia cristiana». .
Si tratta quindi di intenderci su tali sensi, magari nell’intento di arrivare al «senso nuovo e diverso» che c’interessa; ed arrivarci non già arbitrariamente, ma realisticamente. |